
Il vantaggio di 5-3 del primo giorno è passato a 10-6 al termine della seconda giornata: all’Europa bastava dunque ottenere 4 punti sui 12 ancora in palio la domenica per mantenere la Ryder Cup vinta nel 2004. L’onore di siglare il punto della vittoria, il 15° sul totale, è stato del debuttante svedese Henrik Stenson, pochi minuti dopo che l’inglese Luke Donald – uno dei sei europei imbattuti nei tre giorni – aveva regolato Chad Campbell. Non è bastato l’impegno di Tiger Woods a rimediare alla brutta figura dell’edizione precedente della squadra a stelle e strisce, nella quale figurano i primi tre giocatori al mondo: per Tiger tre vittorie e due sconfitte, per Jim Furyk l’inverso e per il mancino Phil Mickelson – che quando si tratta di vincere un major tira fuori tutta la sua grinta, ma che evidentemente non è portato per lo scontro diretto – addirittura quattro sconfitte e un pareggio.
L’Europa ha ancora una volta dimostrato la superiorità del proprio gioco di squadra in questo torneo del tutto particolare, nel quale non si compete per soldi ma solo per la gloria: le statistiche infatti dicono che dal 1979, ovvero da quando la squadra da britannica è diventata europea, il Vecchio Continente ha superato gli Usa sette volte, cinque delle quali nelle ultime sei edizioni. Ma il bello della Ryder Cup è anche il grande senso di sportività e correttezza rispettato dai concorrenti e così tutti – avversari e compagni di squadra – hanno fatto a gara a dimostrare affetto e solidarietà a Darren Clarke, il 38enne nordirlandese che ha perso la moglie Heather solo 6 settimane fa: e le lacrime di commozione sono scorse a fiumi, quasi come lo champagne che ha inondato gli immacolati green dello splendido K Club.
1 commento:
.....io ho giocato... non solo calpestato...
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